Spesso quando racconto cosa faccio come lavoro non mi limito a dire che tatuo, spiego che utilizzo la tecnica handpoke, ovvero che tatuo a mano senza l’utilizzo della macchinetta.
La reazione è quasi sempre di stupore e mi viene chiesto se utilizzo il “martelletto”. E’ molto bello vedere l’interesse e la curiosità rispetto a questa tecnica, portare a conoscenza di qualcosa di nuovo e allo stesso tempo molto semplice nella sua natura mi stimola ad andare avanti, perché credo che offrire un’alternativa a ciò che già si conosce sia arricchente sia per me che per gli altri.
L’idea che abbiamo del tatuaggio fatto a mano più diffusa è legata alla tradizione polinesiana, il cui nome è Tatau.
Ma non è la sola, vi sono altre popolazioni che utilizzano da millenni altre tecniche, civiltà e tradizioni molto lontane tra loro.
Posso raccontarvi dei tatuaggi tradizionali giapponesi Irezumi, Yakuza e Tebori, del Kalinga batok delle Filippine, dei tatuaggi Sak Yant thailandesi, tutte tecniche delle quali si conosce molto e che sono arrivate sino ai nostri giorni, ma possiamo ritrovare anche pratiche meno documentate come nelle popolazioni Inuit, in popolazioni africane e sudamericane.
Quello che le accomuna è la ritualità. Ogni tradizione porta con sé un profondo legame tra l’esecuzione del tattoo, il momento e il motivo per cui avveniva e la simbologia rappresentata.
Nei prossimi articoli faremo dei viaggi alla riscoperta delle varie tradizioni, immergendosi nel loro mondo e scoprendo le simbologie.
Scoprire le origini del tatuaggio non potrà far altro che aumentare la passione verso questo mondo ancestrale affascinante.
A presto